Ultima campanella dell’anno.

In quel corridoio, tra quelle mura che ti hanno vista stressata, stanca, talvolta inadeguata ma sopratutto felice, ascolti quel rituale sempre uguale a se stesso “10-9-8-7-6-5-4-3-2-1 eeehhh” e sai che è finita.

Ti affacci alla finestra e li vedi andar via con i loro zaini pieni di sogni, i loro occhi enormi aperti sul domani, le pagine bianche della loro vita tutte da scrivere. Li vedi mentre felici e incoscienti corrono verso il loro futuro, ridono e si lanciano bottigliette d’acqua e ti chiedi se hai fatto il possibile, se hai dato tutta te stessa, se ti sarai fatta capire, se avrai compreso, riso e rimproverato al momento giusto ma sopratutto sai di amarli e sai che è venuto il momento di doverli lasciar andare sulle loro gambe.

Li ami e come si conviene all’amore non sei in grado, anche se avessi tutte le parole del mondo, di descrivere quello che provi oggi.

Li ami nonostante la stanchezza, il chiasso, il loro essere indisciplinati e distratti da mille cose che credono più importanti di una lezione di grammatica, li ami perché ti hanno fatto ridere, perché un po’ in loro ti sei ritrovata e perché nei loro occhi ogni giorno hai avuto il privilegio di leggere il futuro e sperare in un mondo migliore.

“Siamo meridionali, comunisti ed insegnanti di lettere: praticamente perfetti… “

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